scimpanzé con la chitarra, illustrazione
Costumi e tradizioni

Perché le scimmie non parlano secondo una fiaba africana

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Perché la scimmia è così simile all’uomo ma non parla? Darwin aveva le sue idee in merito, ma una fiaba dell’Africa Centrale ci spiega in modo molto più poetico e affascinante la verità sulle scimmie parlanti.

Da dove viene la fiaba?

Questo è un racconto della tradizione orale africana: si tramanda nei gruppi di etnia Bass’aa, che si trova in Camerun, nell’Africa Centrale. È arrivato fino a noi grazie al poeta migrante Teodoro e all’Associazione Kel’Lam, che svolge a Roma una serie di iniziative in favore della tutela e della diffusione delle culture Altre.

Biblioteca interculturale Kell'lam, Roma
La biblioteca interculturale dell’Associazione Kel’Lam, Roma

Il segreto della Parola

Lo scimpanzè, come tutti sappiamo, è l’animale più simile all’uomo, infatti in molte cose riesce benissimo ad imitarlo. Eccetto una: l’uso della parola. Ma perché?

Gli scienziati, dalle teorie evoluzioniste in poi, hanno le idee abbastanza chiare in merito: i primati, come scimmie e scimpanzé, mancano dei meccanismi cerebrali e anatomici necessari all’articolazione del linguaggio.

In Africa, però, tra i bass’ai, si racconta un’altra storia…

Dio, nel suo grande amore per le sue creature, fece loro tanti doni. Ma, tra questi, il più importante di tutti era il dono della Parola. Per questo, aveva stipulato un patto con le specie a cui l’aveva regalato: si trattava di un dono speciale e quindi segreto, non bisognava rivelarlo ad altre specie, altrimenti per punizione il dono sarebbe stato revocato.

 

La mamma scimpanzé e il suo cucciolo

Nei tempi antichi, gli uomini vivevano nelle tribù vicino alla giungla, dove andavano a caccia per procurarsi da mangiare. In particolare, in una tribù viveva un cacciatore famoso per non essere mai tornato a casa a mani vuote: era infallibile.

Una volta gli riuscì, infatti, un’impresa degna della sua fama: catturare una mamma scimpanzè con il suo cucciolo. Questa, sappiate, è davvero un’impresa difficilissima, perché gli scimpanzè sono molto astuti, e le femmine, quando diventano mamme, lo diventano ancora più degli altri per difender i propri piccoli.

Il cacciatore decise quindi di non uccidere le sue prede ma le portò con sé al villaggio, per mostrarle a tutti. La tribù gli rese grandi onori e rinchiuse la mamma e il suo cucciolo in una grande gabbia.

 

Il cucciolo d’uomo

Decisero poi di fare una grande festa e partirono per andare a raccogliere le banane, che però si trovavano a sette fiumi di distanza. Al villaggio rimasero soltanto i bambini: si da il caso che anche il cacciatore avesse un cucciolo, cioè un figlio, e gli lasciò il compito di sorvegliare la gabbia degli animali. Il cucciolo di scimpanzè riuscì però a liberarsi passando attraverso le sbarre e cominciò a chiamare il cucciolo d’uomo.

Questi, però, non lo ascoltò. Allora il cucciolo cominciò a cantare: “ BA-KOT-HA…” Questa melodia sì che era bella da ascoltare! Il bambino sì avvicinò subito allo scimpanzè e gli disse che avrebbe tanto desiderato imparare a cantare quella canzone.

Ma il cucciolo tornò nella gabbia:

Se ci liberi te la insegno, così potrai parlare cantando.

Il figlio del cacciatore era troppo affascinato dal canto e accettò: si fece insegnare la canzone e poi mantenne la promessa. La mamma scimpanzè ed il suo cucciolo tornarono nella giungla indisturbati.

Al ritorno degli adulti, scoperto l’accaduto, punirono severamente il figlio del cacciatore, lasciandolo da solo senz’acqua né cibo. Infine, gli anziani della tribù vollero sapere:

In cambio di che cosa hai liberato le scimmie?

Il bambino rispose:

In cambio delle parole di questo canto: BA-KOT-HA…

 

…E gli scimpanzè persero la parola

Fu così che, da quel giorno, per aver rivelato agli uomini di possedere il dono della parola, gli scimpanzè riebbero la libertà ma non poterono parlare mai più, come Dio aveva deciso.

Sarà andata veramente così?

E chi lo sa…“Chiedetelo alla coda dell’universo dove nacque il nostro tempo”, dice Teodoro.

Ah.. se qualcuno di voi durante il racconto si fosse addormentato, in Africa di tanto in tanto il cantastorie usa questa formula per risvegliare l’attenzione:

A ngingilayé!

E voi, se siete ancora svegli, dovrete rispondere:

A yeséé!

 

Al prossimo racconto 🙂

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