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Non poter nè vedere, nè sentire: com’è la vita di una persona sordocieca?
Prova a raccontarlo, tra i primi, il documentario del regista tedesco Werner Herzog (1971) “Nel Paese del silenzio e dell’oscurità”, che restituisce voce in modo poetico al “silenzio degli innocenti”, cioè di quelle persone sorde e cieche chiuse nell’isolamento e di cui i più ignorano l’esistenza. Queste persone comunicano solo attraverso il contatto: lasciare la mano a una persona sordocieca significa abbandonarla, lasciarla sola.
Se non ne avete mai sentito parlare, leggete l’articolo: scoprirete un mondo che non si può immaginare, quello delle malattie rare.
Come comunicano le persone sorde e cieche?
Come vive una persona sorda e cieca? Può comunicare? Può trasmettere i suoi ricordi e i suoi sentimenti? Nel documentario di Herzog del 1971, girato in Baviera (Germania), incontriamo l’anziana donna tedesca Fini Straubinger, diventata sorda, e in seguito cieca, da bambina a causa di una caduta. E ci racconta. Fini spiega com’era vivace da piccola e quanto si divertiva a fare grandi salti nell’aria. Racconta come era stato emozionante, per lei che non poteva vederli, toccare gli animali al giardino zoologico e capire la differenza tra una scimmia e un capriolo prendendoli in braccio.
Racconta la paura, quando aveva cominciato a non sentire più la voce della mamma.
La lingua dei segni tattile
Il racconto di Fini avviene attraverso la LISt, lingua dei segni tattile (un sistema comunicativo che si serve della pressione delle mani sulle mani).
La lingua dei segni tattile è, in pratica, il corrispettivo della lingua dei segni, quindi di un sistema di comunicazione che utilizza le mani per veicolare i significati, con l’aggiunta del tatto (che le lingue dei segni naturali non prevedono). I segni veicolati dalle mani hanno alcune caratteristiche, tra cui la configurazione (la forma che assume la mano) e il movimento (come si sposta la mano nello spazio).
Normalmente i segnanti comprendono il significato guardandosi: in questo caso, non potendo vederesi, i due interlocutori si comprendono toccandosi. Chi ascolta tocca chi parla percependo così il segno che questo sta facendo e fa in modo di dare un feedback, per far capire che ha compreso.
Il feedback può essere dato in molti modi: con un leggera pressione sulla mano o sul braccio del segnante o anche, se si è seduti, sulle ginocchia. Per annuire “manualmente”, ad esempio, si può predere la mano dell’altro e spigerla su e giù.
Lasciare la mano a una persona sordo-cieca significa, quindi, allontanarla, abbandonare il suo mondo. Significa lasciarla sola.
Che cosa sono il silenzio e l’oscurità?
Essere sordi, spiega Fini, la nostra testimone privilegiata, non è puro silenzio, né assenza di suoni: è una vita popolata da fruscii e rumori che a volte non si comprendono, così come la cecità non è totale mancanza di luce, ma un contrasto di colori sbiaditi. È come quando le onde sbattono con violenza su una roccia: dopo lo scroscio resta una specie di mormorio, un sussurro al confine tra silenzio e rumore, tra buio e luce: questo è essere sordo-ciechi.
Le malattie rare interessano solo alle minoranze?
La sordocecità è una malattia rara, ma le malattie “rare” sono più diffuse di quanto si pensi.
Secondo i dati della Fondazione Lega del Filo d’Oro Onlus, riferimento in Italia per la cura e il sostegno alle persone in una condizione di sordocecità, in Italia la diffusione delle malattie rare interessa l’1.6% della popolazione: sembra una piccola percentuale, lo è, ma si tratta comunque di più di un milione di persone.
Se pensiamo alla diffusione in Europa, diventano 30 milioni di persone.
Basta allargare ancora lo sguardo e ci accorgeremo che nel mondo ci sono circa 300 milioni di persone affette da malattie rare. Attenzione, per cui, a pensare che questo sia un tema di interesse solo per poche minoranze, e, soprattutto, che non possa mai arrivare a toccarci in prima persona.
29 febbraio: il giorno raro delle malattie rare
“Da soli siamo rari, insieme siamo forti”, recita lo slogan lanciato dalla Lega del Filo d’Oro per la Giornata Mondiale dedicata alla malattie rare, che non a caso è stata fissata simbolicamente al 29 febbraio: un giorno “raro”, che cade solo ogni 4 anni. Negli anni non bisestili, il Giorno delle Malattie rare e tutte le iniziative correlate si spostano al 28 febbraio.
Complessi bisogni, complesse terapie
Non esistono cure risolutive per questo tipo di patologie, come la sordocecità, per cui l’unica strada percorribile è quella di inserire le persone che ne sono colpite, in particolare i bambini, all’interno di un percorso riabilitativo. Si tratta di percorsi educativi molto complessi, come complessi sono i bisogni di una persona che non vede e non sente, anche perché devono essere pensati in modo diverso ogni volta, cercando di entrare in contatto con l’universo a sé di quell’individuo e aiutandolo a raggiungere il grado maggiore possibile di autonomia.
La pandemia, inoltre, ha accentuato le difficoltà di comunicazione per le persone sordo-cieche, in quanto la necessità del distanziamento sociale ha reso per loro ancora più difficile esprimersi attraverso il tatto.
Il Testo unico delle malattie rare
Durante il convegno “Malattie rare: traguardi raggiunti e sfide future“, svoltosi il 21 febbraio 2022 nell’ambito delle iniziative per la giornata annuale delle malattie rare, vari esperti hanno fatto il punto della situazione italiana ed internazionale.
In particolare, la dott.ssa Domenica Taruscio (Istituto Superiore di Sanità), ha sottolineato come un’azione di advocacy da parte delle famiglie dei pazienti sia riuscita ad attivare l’azione politica, rendendo possibile l’approvazione di un importante atto legislativo, il Testo Unico delle Malattie Rare (legge 175/2021), riferimento fondamentale per perseguire l’obiettivo di uniformare trattamenti e procedure di presa in carico dei pazienti su tutto il territorio nazionale, salvaguardando così le buone pratiche e promuovendo la ricerca.
Tra queste prassi, il dott. Andrea Piccioli (Istituto Superiore di Sanità, Centro Coordinamento Screening Neonatale), sottolinea come sia essenziale per l’intervento nell’ambito delle malattie metaboliche ereditarie lo screening neonatale e il suo monitoraggio, e poi la predisposizione di un piano terapeutico individuale che comprenda logopedia, riabilitazione motoria, terapia psicologica.
La prima Risoluzione ONU sulle Malattie Rare
Simona Bellagambi, (membro Rare Desease Europe) ha invece posto l’attenzione sul fatto che la sfida nei confronti delle malattie rare – come tutte le sfide serie del nostro tempo – non si possa affrontare se non in un quadro globale, in primis europeo, con l’obiettivo di non lasciare indietro nessuna popolazione in merito a questi temi, contrastando così la discriminazione e l’aumento del disagio in alcuni contesti, soprattutto quando i fattori di svantaggio vanno a sovrapporsi.
Ad esempio, le statistiche hanno mostrato chiaramente come il ruolo di caregiver, e quindi i costi in termini umani della cura nei confronti delle persone colpite da queste sindromi, ricadano quasi completamente sulle donne, andando quindi ad incidere ulteriormente nel gender gap relativo all’occupazione femminile.
Bellagambi sottolinea dunque la necessità di un piano di azione europeo finalizzato a perseguire la giustizia sociale e ispirato ai principi forniti dall’ONU attraverso la Risoluzione sulle Malattie Rare :“Addressing the challenges of persons living with a rare disease and their families” (16 dicembre 2021, la prima in assoluto su questo tema), a cui hanno già aderito 193 Paesi.
Da persone “affette” a persone “colpite”
C’è differenza? Secondo i familiari dei pazienti con malattie rare e secondo chi se ne fa carico, assolutamente sì: perchè la transizione da una visione patologica della vita del paziente, ad una che racchiuda un altro immaginario, che la consideri, invece, più che altro come una condizione di vita, aiuta a spingere verso la necessità di una transizione reale. Ad esempio, della parmanenza delle persone colpite da strutture pediatriche a strutture per adulti.
Come molto spesso avviene, infatti, quando si approfondiscono i problemi delle persone con particolari disabilità, spesso la società tende a dimenticare che anche loro affrontano a un certo punto la transizione all’età adulta, e questo in tutti i suoi aspetti naturali, come ad esempio quello della sessualità, e che quindi le strutture che se ne occupano devono essere adeguate a persone adulte.
Vite al confine
L’utima immagine del documentario di Herzog rappresenta lasolitudine in cui le persone colpite da patologie rare spesso vivono: la telecameraci mostra l’incontro di Fini con un uomo sordocieco che ha vissuto per anni in una stalla, interagendo solo con gli animali, perché rifiutato da tutti gli umani. Quest’uomo non parla, non sente, non vede, non comunica con nessuno. Tranne che con le foglie e con gli alberi, che abbraccia e calpesta.
Chissà, se chi non vede e non sente è veramente lui, o chi lo ha reso un uomo invisibile.
Per approfondire:
www.malattierare.gov.it
www.uniamo.org (Federazione Italiana Malattie Rare)
www.legadelfilodoro.it