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E’ bella, in effetti, la vita da fumettista: è felice, perché poter fare ciò che ti piace, ciò che ami e che ti permette di esprimerti, è bellissimo.
Che sia facile? Questo no: un dialogo con Elena Mirulla, disegnatrice genovese, sulla vita di unA fumettista italiana, tra ispirazioni in progress e (granitici) stereotipi di genere.
Indice dell'articolo
Essere fumettista è un lavoro? L’immaginario sociale del disegnatore
Perchè non è facile essere un/a fumettista, Elena?
Intanto perché non è semplice diventare un/a professionista nel campo del disegno, del fumetto soprattutto; e, se anche ci riesci, è difficile trovare una collocazione che sia adeguata al potersi sostentare.
Intendi per poterci vivere, nel senso che un lavoro è tale quando ti permette di mantenerti, di sostenere i tuoi progetti, ma anche di essere riconosciuta socialmente come una professionista?
Esatto…molti disegnatori fanno veramente fatica a campare solo di fumetto e comunque, anche per chi ci riesce, è difficile arrivare a case editrici più grandi che ti permettano di avere una certa notorietà e quindi continuità nel tuo lavoro. Ci sono tante problematiche, a partire dall’idea che le persone in generale hanno del disegno e del disegnatore.
La maggioranza delle persone non pensa nemmeno che sia un lavoro, pensa che sia un passatempo, una passione. “Eh, beato te che stai a casa a fare disegnini!” oppure “dai tanto ci metti 5 minuti, cosa ti ci vuole a farmelo, no?” E quando ti chiedono disegni gratis…?
L’espressione di Elena è eloquente. So che cosa intende, anch’io disegno: è opinione abbastanza comune, infatti, che dipingere, disegnare, siano una specie di hobby, attività che si praticano per passione e a tempo perso, tipo il giardinaggio (senza nulla togliere al giardinaggio, naturalmente, attività grande fonte di ispirazione ad esempio per la poetessa Emily Dickinson). Insomma all’attività di disegnare sono attribuite caratteristiche in contrasto con quelle che comunemente si ritiene appartengano a un’attività “professionale”.
Inoltre, nella stragrande maggioranza dei casi, l’idea delle persone è che il fumetto sia legato esclusivamente all’infanzia. Magari pensano a Topolino, (non per sminuirlo ovviamente): però il fumetto non è solo destinato ai bambini, è per tutte le età, ma questo concetto è chiaro solo agli appassionati, non al grande pubblico.
Secondo te, questo immaginario sociale è caratteristico dell’Italia?
Io sono contenta di fare il mio lavoro qui, però so che altrove il fumetto è recepito diversamente, c’è una cultura più matura: ad esempio, in Francia hanno un altro modo di vedere gli artisti che disegnano fumetti. Diciamo che qui a pregiudizi siamo messi un pochino peggio, ed è un peccato, perché in Italia abbiamo anche dei nomi importanti, fumettisti italiani famosi.
Comunque, se una cosa la vuoi davvero sei disposto a provarci, a lottare. In me è talmente radicata questa passione che non mi vedrei in nessun altro modo, mi identifica. Non è soltanto un lavoro o soltanto una passione, è proprio un modo di vivere, di esprimermi, quello che trasferisco sulla carta.
Cosa vuoi fare da grande? Come diventare fumettista
“Voglio fare la fumettista”. Da quando avevo cominciato a saper leggere e scrivere, avevo iniziato a scrivermi le mie storielle, a leggermi i miei fumetti, e da lì ho capito che il disegno più la scrittura, l’inventare storie, era ciò che mi interessava: il fumetto infatti è l’unione di queste due cose.
Mio papà li leggeva, quindi ho sempre avuto la casa piena di fumetti: per me era normale che anche gli adulti li leggessero, e quindi pensarmi, immaginarmi come una fumettista. I miei genitori mi hanno appoggiata, così ho frequentato il liceo artistico e l’Accademia di Belle Arti di Genova, anche se al tempo non c’era una sezione “fumetto”. Poi quindi ho seguito un corso con un disegnatore Disney, anche lui di Genova, Andrea Ferraris di Topolino, che mi ha insegnato le basi tecniche…prima andavo molto a “istinto”.
Da lì sono andata avanti: ho pubblicato come esordiente su varie riviste, poi, 2005, avevo 23 anni, ho iniziato la collaborazione con Cronaca di Topolinia, che dura tuttora e a cui sono affezionata, perché si tratta dell’editore che ha creduto in me fin da subito. Ovviamente non ero la quella che sono oggi, i miei disegni erano molto più acerbi, intendo rispetto a quello che può essere un lavoro pubblicabile. Erano carini, ma c’erano tantissimi errori: non che adesso non ci siano…. Ci sono ancora, ma si cresce.
Oltre alla tua famiglia e all’editore che ti ha dato fiducia, c’è qualcun altro che è stato importante per te nella tua scelta professionale: un maestro, un mentore? Qualcuno che abbia condiviso con te la tua passione?
Come dicevo, potrei dire Andrea Ferraris, perché il corso con lui mi è servito per imparare le basi del fumetto: però no, non sono mai andata in “bottega”- come si faceva una volta – cioè in uno studio, da un fumettista a imparare. Poi ho lavorato molto da sola: chi è stato importante è la persona che è attualmente mio marito, Christian, che da quando lo conosco mi sostiene tantissimo, mi aiuta a livello pratico, sia gestionale sia di organizzazione, in famiglia e in “Cronaca di Topolinia”.
Mi supporta…mi sopporta? Insomma, è una presenza che condivide.
E invece, al contrario, quali sono stati i maggiori ostacoli per te?
Non lo chiamerei ostacolo, però io ho due bambine. Per me ci sono due cose importanti: la prima è la famiglia, mio marito e le mie figlie; la seconda è il fumetto, che, nonostante sia la mia vita, esattamente quello che io mi sento, il modo in cui mi esprimo, non può avere la precedenza rispetto a loro.
Avendo fatto la scelta di diventare mamma, di avere la responsabilità di altri esseri umani e non solo di me stessa, questo mi ha portata a fare delle scelte molto più oculate rispetto a quelle che avrei potuto fare se fossi stata da sola: avrei potuto ad esempio buttarmi in progetti forse più ambiziosi, ma che richiedevano un rischio, e non potevo farlo perché la priorità è un’altra. Direi, quindi, che ho fatto dei compromessi in questo senso: non lo chiamerei ostacolo, però è una scelta che ha influito senza dubbio sul mio essere fumettista. È anche vero però, che da un altro punto di vista è stato uno stimolo, mi ha sempre spronata ad andare avanti, a portare a termine il lavoro, a prenderlo seriamente.
Le tue figlie come vivono il tuo lavoro? Amano i tuoi personaggi, si ispirano a te? Per esempio io ho iniziato da piccolina perché mia madre dipingeva e per tanto tempo io volevo “rifare”, copiare, i suoi soggetti…
A loro disegnare piace moltissimo, si appassionano. Molte volte fanno delle…chiamiamole “fan art” dei miei personaggi, (naturalmente quelli dei miei fumetti adatti alla loro età) : io sono contenta, a me sinceramente interessa che si divertano, che abbiano piacere nel fare quello che fanno, che sia disegnare, che sia qualcos’altro.
Parliamo dei tuoi personaggi: da dove proviene la tua ispirazione, il tuo stile?
Lo stile è qualcosa che racchiude ciò che sei tu, quindi quello che ti piace, quello che ti colpisce: ma non è fisso lì, cambierà sempre, evolverà come è giusto che sia, come tutte le cose della vita. Diciamo che il mio lo reputo un mix tra varie influenze, sempre rielaborate a modo mio, che possono essere lo stile cartoon, Disney, manga, un po’ irrealistico e in un certo senso anche un po’caricaturale: insomma, racchiude le cose che mi piacciono e che voglio trasmettere nei miei disegni.
Le sexy favole: dagli anni 70 ai Sexy Tales di oggi
Mi spieghi come mai questa ispirazione per le sexy favole?
A un certo punto del mio percorso il mio editore mi ha detto: ma perché non facciamo una serie di illustrazioni in stile sexy favole anni 70? Negli anni 70 c’era stato proprio un filone di fumetti che si chiamavano “le sexy favole”, qui in Italia.
Ad esempio, uno dei miei autori preferiti, Leone Frollo, aveva creato un fumetto su Biancaneve e non solo: ci siamo un po’ispirati a questo, al reinterpretare le favole in chiave sensuale. Ho disegnato una serie di illustrazioni che sono piaciute ai lettori: così è nato il fumetto, il primo Sexy Tales , che racchiude tre favole diverse. E’ piaciuto ai lettori e piace a me, perché sono una grande amante delle favole e reinterpretarle in modo giocoso mi diverte; poi comunque è un “sexy soft” , secondo il mio canone, ovviamente.
Come rivisitare il nostro essere bambini, in un certo modo, in una chiave adulta?
Esatto, sì, goliardica: poi dipende dalla storia, perché ci sono, in Sexy Tales, storie più umoristiche, altre più incentrate sulla storia d’amore, altre più drammatiche (per la serie regolare sono usciti 9 volumi). Il nuovo progetto si chiama “New Sexy Tales” ed è invece una storia che continua (quest’anno farò il terzo volume) con per lo più i personaggi di Alice nel paese delle meraviglie, o meglio una mia interpretazione ispirata alla storia di Alice, che è il mio personaggio del cuore, la mia confort zone.
Eroine, regine, vampire: le donne protagoniste dei fumetti
Uno dei miei fumetti più importanti, anche questo di genere sexy, è Super Tits, che ho creato insieme a mio marito: la protagonista qui è una supereroina con dei superpoteri un po’ speciali (che si manifestano quando le cresce il seno), ma in realtà la storia racconta la trasformazione di una ragazza molto insicura di sé, una ragazzina normalissima, che ottiene questi superpoteri senza che lei lo voglia, e così si avvia a un cambiamento. Si scopre determinata e molto più coraggiosa, perché il suo scopo diventa quello di aiutare gli altri. Ora sta per arrivare un nuovo fumetto, anche qui una protagonista femminile, Stripper, un personaggio di Super Tits che ha avuto in realtà anche più successo tra i lettori della protagonista. Forse perché ha una personalità sfumata, fatta di ambivalenze…
Come tutti…il non perfettamente buono e non perfettamente cattivo in cui ci è più facile immedesimarci…
Infine c’è il progetto di Weird Vampy, storia fantasy di vampiri; in questo fumetto le città rappresentano i vari stili di letteratura fantasy…loro vivono nel mondo horror, ma ci sono anche le città delle favole: insomma mi sono inventata questo mondo e mi ci sto divertendo!
Weird Vampy è un fumetto più soft, uno che potrebbe comprare anche chi, diciamo, è un po’ “più sensibile”… Non so, chi ad esempio non vuole vedere seni di fuori, ecco, può comprarlo (si ride): per lo meno nella versione normale, che chiamerei la versione soft, non si vede niente. Nella Limited…beh insomma..! Ci sono alcune tavole in più, che sono un po’più esplicite, ma niente di particolarmente assurdo.
Devo dire che la maggioranza dei miei lettori sono uomini, perché vengono attirati dalle caratteristiche estetiche del disegno, ma se lo creo io, che sono una donna, penso di poter parlare tranquillamente anche al pubblico femminile. Dalle statistiche che mi dicono, però, solo un quarto del mio pubblico sono donne, e mi dispiace, vorrei fossero molte di più.
Perchè una donna non dovrebbe disegnare fumetti sexy? Ecco 5 “buoni”motivi
Secondo qualcuno, invece, Elena Mirulla dovrebbe cambiare genere, perché una donna non dovrebbe creare, né leggere, fumetti sexy.
Quali sono i motivi per cui questo stile, quello del fumetto sexy, non sarebbe appropriato a una donna? Lo sguardo sul corpo femminile deve essere riservato agli uomini?
Arrivano tante critiche, soprattutto da persone che vedono i miei disegni sui social o le copertine passando davanti agli stand, alle fiere del fumetto, (quindi senza neanche aver letto realmente i fumetti). Ecco i motivi:
- Perché i fumetti sexy non sono femministi, perché io rappresento la donna come una donna oggetto: io non sono affatto d’accordo, perché essere sexy non vuol dire essere un oggetto. Secondo, se leggessero realmente i miei fumetti, vedrebbero che per me la protagonista femminile è in tutto e per tutto la protagonista, cioè è l’anima del fumetto. Non soltanto perché è sensuale, ma proprio perché ha una caratterizzazione tale da renderla protagonista: sono i maschi, al contrario, ed essere spesso la parte umoristica della storia.
- Perché sono una donna: non sono l’unica, ci sono molte autrici che fanno questo tipo di fumetto, solo che alcuni lo trovano strano perché pensano che una donna dovrebbe disegnare solamente fumetti per bambini, gattini o cose d’amore. Se disegni qualcosa che ha a che fare con il sesso è strano.
- Perché sono madre: questa è talmente stupida che mi vien da piangere solo a dirla. Perché sono mamma, e se una è mamma, è asessuata. Non capisco il collegamento, fatto sta che “non sta bene”.
- Per l’età: eh sì, tra poco sono 40, e dai, dovrei disegnare libri di cucina, libri di…cose del genere, insomma, se no…sta male, sta male.
- Per la faccia: a quanto pare contrasta con il mio aspetto, veramente triste a dirla questa, e tra l’altro non so come si possa capirlo dalla faccia, però mi dicono che sembro vergine, visto che sono una persona acqua e sapone, con la faccia pulita. E quindi quello che disegno, anche qui, “non sta bene”.
Sono una donna, sono una mamma, ormai ho quasi quarant’anni. Insomma basta. Basta, questa leggerezza non si addice.
Certo, basta perché nel ruolo della fumettista di storie sexy Elena non è credibile. Quelli in cui si ritrova incastrata sono i “Female Role Models”, i modelli culturali socialemnte costruiti che “inseriscono” nella nostra testa determinate aspettative su quello che dovrebbe – o non dovrebbe – essere un comportamento appropriato per una donna.
Quindi ci sono una serie di professioni che sono considerate adatte alle donne: una donna come infermiera, come insegnante, va bene, no? Come educatrice va bene, anche illustratrice va bene, ma finché disegna storie per bambini, perché appunto si sta occupando di bambini…
Infatti tanti mi dicono: “Ma come ci sei finita a fare fumetti sexy??” Come se, magari presa dalla disperazione, fossi stata costretta a fare una cosa che in realtà non voglio. Che io mi possa divertire? No, quello non esiste, non può succedere. Inoltre per alcuni va anche bene se faccio i disegni sexy (perché magari devo farli per campare), ma se scrivo le storie significa che le penso ed è lì il problema.
Ad esempio, di Sexy Tales io sono l’unica autrice: e mi sono sentita dire: “ Ah quindi tu l’hai anche pensata questa cosa?” E quindi parte il collegamento mentale: donna fa fumetti sexy = donna disponibile.
Chiaro, quando poi vengono a sapere che tu hai una famiglia normalissima le cose non “quadrano”. Anni fa, prima di sposarmi, mi capitava di ricevere commenti anche sgradevoli o comunque il classico “ma di dove sei, cosa fai, quanti anni hai, sei sposata…” Magari capita a tutte le donne, ma è avvilente sentirsi giudicati, sembra solo un pregiudizio…
E lo è.
AI: le intelligenze artificiali
In chiusura, vorrei aggiungere, visto il dibattito attuale, di sostenere gli autori umani.
Il disegnatore e il fumettista, o comunque l’artista in generale, ci mette tanto di se stesso nelle sue opere, anche se non parlano direttamente di lui/lei. A volte penso che i fumettisti, quando creano le loro storie, facciano un po’autoanalisi. Perché in qualche modo tiri fuori i tuoi valori, quello che ti piace, il tuo modo di pensare, di reagire: ci sei dentro come come anima. Ci sono dietro tante ore di lavoro, tanti anni, tanti sbagli.
La questione dell’intelligenza artificiale mi preoccupa, in quanto si stanno affermando tecnologie per le quali basta scrivere una descrizione su un sito e ti viene restituito un disegno più o meno accettabile per l’occhio di una persona profana o per un editore che pensa semplicemente al risparmio (di soldi e di tempo).
Dietro a ogni disegno che vedete c’è tanta passione: se condividete questa passione per l’arte come espressione, sostenete i disegnatori umani.
Per conoscere meglio i fumetti e i lavori di Elena Mirulla: